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Categoria: rock

Josh Rouse – Nashville

Per il sig. Rouse doveva essere l’album della verità. Dopo l’ottima impressione destata da “1972”, si attendeva come si dice in questi casi l’album della maturità e se a questo si aggiunge come “Nashville” coincida anche con la cartolina di addio verso la città che lo ha ospitato per ben dieci anni, se ne può ancora di più apprezzare la qualità. Nashville da sempre capitale della musica country, non coincide in questo album con la “Nashville” di Rouse dove al contrario non se ne intravede quasi traccia, e dove invece trova posto un folk-pop raffinato fatto spesso da chitarre acustiche da spazi dilatati, di una musica in movimento continuo. “Winter in the Hamptons”

Block Party – Silent Alarm

Se il 2004 aveva visto l’ascesa dei Franz Ferdinad il 2005 si apre nel segno dei Bloc Party, già alle cronache come gruppo spalla degli Interpol nel finire dell’anno passato. La band londinese arriva a questo debut-album dopo appena un Ep che aveva spostato su di loro più di un’attenzione( vedi NME ) . L’attesa è ripagata in pieno da questo “Silent Alarm”, album che si innesta sulla scia del ritrovato entusiasmo per gli ottanta, arricchendosi però di linfa e vitalità del tutto nuove. Gli esordienti Bloc sanno attingere con maestria soprendende dal dark-punk style nei richiami dei  primi Cure “Like eating glass” e “Pioneers” , materializzano Robert Smith in “Banquet”.

Thomas Dybdahl – The Great October Sound + One Day You’ll Dance For Me, New York City

Chiudiamo le pagine del 2004 con qualche giorno di ritardo,causa il tempo necessario per ascoltare e apprezzare sbalorditi la doppia fatica di Thomas Dybdahl. Due album: il primo si tratta in realta di un album del 2002 “The Great October Sound” uscito in europa soltanto adesso e il secondo uscito solamente in Norvegia “One Day You’ll Dance For Me, New York City”, che in quel “paesino” è presto salito in vetta. Andiamo con ordine e parliamo del tardivo-per noi- “The Great October Sound”, inno al folk-rock che sa tanto del piu intimo Jeff Buckley, quanto non fa mistero di esserlo, sentite la song di apertura “Fron Grace”. Certo le distanze ci sono tutte, ma Dybdahl riamane a suo modo quanto di piu vicino ci sia veramente

Interpol – Antics

Atteso come uno degli eventi dell’anno è arrivato il momento di “Antics”,doveva essere l’abum della consacrazione e della maturità per il quartetto newyorkese e alla fine dei conti questo è stato. Rock “crudo” e “melodico”, buio e malinconico, affermare che si è di fronte alla realizzazione di un suono definitivo dopo appena due album potrebbe essere pretensioso ed esagerato, ma le realtà  è molto vicina a questo. Il punto di forza dell’ album è tutto ci centrato nell’atmosfera cupa, nel suono deliniato, nella voce che affronta le canzoni tutte con lo stesso “distacco” è un pò ( con le dovute distanze ) come ascoltare le tracce dei Bauhaus, dove a prescindere dal brano il modus operandi è identico.

The Killers – Hot Fuss

Se avete sempre avuto un debole per la musica inglese anni ottanta; per quelle atmosfere che si dipanano tra il cupo e il melodico; insomma se nei vostri “preferiti di tutti i tempi” c’è un posto per gruppi come Cure, New Order, Smiths beh allora questa è la vostra fermata; potete scendere. Questi The Killers arrivarno da Las Vegas, a migliaia di km di distanza da Londra, ma ad ascoltarli nessuno lo direbbe. “Hot Fuss” parte fortissimo con una prima serie di tracce di grande impatto; si inizia con ” Jenny Was A Friend Of Mine” che insieme a “Smile Like You Mean” ci trasposta immediatamente alle accattivanti melodie di Robert Smith & co. “A Forest”  “Jumping Someone Else’s Train“;

Decemberists – Her Majesty LIVE

A quasi un anno dall’uscita del loro ” Her Majesty” ( già in Playlist 2003), si torna a parlare dei Decemberists. Per il quartetto americano fatto di archi, fisarmonica, contrabbasso oltre a chitarre e batteria e che può contare sulla folgorante voce del singer/songwriter Colin Meloy, è arrivato il momento di far tappa in Europa, dopo aver concluso l’ottima tournèe americana con relativo pieno di consensi. Ricetta azzeccata quella dei menestrelli-cantastorie di Portland, pop-folk raffinato il loro, in cui riecheggiano i migliori “Grant Lee Baffalo”. Toni mai appiattiti, mai monocordi per una voce al limite del recitato pronta a rincorrere e ad essere rincorsa dagli svariati strumenti in scena, in una sorta di continuo effetto “unplugged”.