” Speranza e positività: vedere la luce alla fine di un lungo tunnel. Si tratta di attraversare momenti difficili e uscire dall’altra parte ” questa la dichiarazione con cui il songwritten Leo Wyndham presenta il secondo lavoro dei londinesi Palace. Musica per anime smarrite, malinconiche ma pronte a risollevarsi, Life After è sia un album sulla perdita sia un album che racconta su come andare avanti. ” Sto scrivendo questa canzone, per aiutarti a respirare di nuovo ” si recita nella title track iniziale, un intimo inno alla resilienza. Dopo il fortunato esordio dell’ep “Lost In the Night” del 2014 ed il successivo album “So Long Forever” del 2016, che ne aveva fatto crescere l’interesse in patria e attirato su di loro le attenzioni di critica e pubblico, il tempo della maturità sembra davvero arrivato per il trio di Dorset. Stile marcatamente post-britpop in grado di conquistare il campo di battaglia dal primo ascolto. Resa incondizionata verso sonorità mai del tutto dimenticate, che se pur in una nuova veste, non possono non ricordare gli echi di band come Embrace, Elbow e sopratutto i primi Coldplay di “Parachutes” e di “A Rush of Blood to the Head”. Brani come “No Order”, “Life After” cosi come “Caught My Breathe” sarebbero risultati senza stonature in ognuno dei gruppi sopracitati. Nota separata, per i sette muniti utili a raccontare “Heaven Up Here”, migliore traccia dell’intero lavoro, posta sapientemente alla sua chiusura, dove l’interpretazione vocale di Leo Wyndham trova splendidamente forma compiuta. Questo è un album davvero ben riuscito, dove a conti fatti, in molti hanno miseramente fallito.
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