Se fossero una famosa band del passato si chiamerebbero Joy Divison, forse il paragone risulta azzardato oltre misura ma ascoltando questo “The Back Room” debut-album targato Editors ritornano in mente in maniera troppo luccicante le atmosfere di “Curtisiana” memoria per poterne tacere il cofronto. Compiuto il dovuto rimando, parliamo pure del presente, iniziando da un suono intessuto a dovere di moderni beat elettronici secondo quel dance-mood ormai largamente sposato dai vari Franz Ferdinand e Bloc Party. L’incipit “Lights” è subito da brividi, voce corposa e passionaria quella del cantante Tom Smith, che in quel “Well I’ve got a million things to say..” si lancia in un vero proclama di intenti, subito dopo due tra i pezzi più aprezzati “Munich” e “Blood” dove si solcano terreni più movimentati, chitarre in stile “October”, con la voce che priva ta di effetti dimostra proprietà stilistiche indiscutibili. In “Fall” e “Fingers In The Factories” si abbracciano melodie maggiormente pacate e malinconiche che ci rivelano la seconda anima del quartetto di Birmingham, quella più intima e romantica, nessuno ritornenno da “pop-song”, al contrario un sontuoso intreccio che richiama i Doves e le etere misure dei danesi Kashmir, ascoltare “Camera” per credere. Da ultime “Someone Says” e “Bullets” dove a scomodare le ombrose architetture dei newyorkesi Interpol non si commette alcun errore. “Forma e sostanza” per gli Editors di Tom Smith. Quando a questo si accompagnerà anche un “suono di riconoscimento” saremo su altissimi livelli, ma per ora va più bene cosi, il tempo farà la sua parte
Editors – The Back Room
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grandi. molto meglio di tutti quelli a cui si sono ispirati.